Se solo avessi un alter-ego…

..sarebbe certamente meno timido e più spontaneo.

di Elena Crispiatico (4B)

Come aveva sempre sognato di fare, un pomeriggio d’estate Aska preparò uno zaino con tutto l’essenziale per il suo viaggio e poi via verso Milano centrale. Dopo aver cambiato due autobus e due metro, finalmente arrivò nel grande edificio e si fermò a guardare i tabelloni delle partenze indecisa: sarebbe potuta andare a trovare gli amici nel sud Italia (quelli mai visti di persona), oppure a Bologna dalla sorella o ancora a girare per Firenze. Ma si sentiva intrepida e prese il primo treno per Parigi, decidendo che dieci ore di viaggio sarebbero state un’esperienza divertente e utile per conoscere qualche nuovo amico e, forse, compagno di viaggio. I sedili del TGV non erano nemmeno troppo scomodi, i vecchi treni regionali di Trenord erano molto peggio. Si accorse di averlo detto ad alta voce quando una coppia di ragazzi poco distante rise annuendo d’accordo con lei. Essendo una persona molto estroversa e socievole, non perse l’occasione di scambiare quattro chiacchiere, che proseguirono la mattina dopo, mentre il paesaggio fuori dal finestrino cambiava. Arrivò a Parigi stremata dopo tutte quelle ore di viaggio scomodo (dopo le prime quattro durante le quali non era riuscita a prendere sonno aveva cambiato idea riguardo al sedile) ma comunque entusiasta di vedere per la prima volta quella città magica. Decise rapidamente quale sarebbe stata la prossima città da visitare, prese il biglietto del Flixbus e poi passò l’intera giornata esplorando, mangiando e facendo milioni di foto che avrebbe probabilmente dimenticato in una cartella Drive dopo pochi mesi. Il tempo passò in un battito di ciglia, e si ritrovò di nuovo su un sedile scomodo a dormire, mentre l’autobus la portava ad Amsterdam. In realtà dopo qualche ora dovette scendere e aspettare (congelandosi fuori da una stazione) un altro autobus che l’avrebbe portata a destinazione, ma non bastava così poco per scoraggiarla. Alle nove del secondo giorno di viaggio era già ad ammirare i Girasoli di Van Gogh, a mezzogiorno al Rijksmuseum e alle cinque nel primo Bulldog cafè mai costruito, quello vicino alla strada più stretta della città. Alle dieci stava ballando in un locale a caso insieme ad un gruppo di ragazzi della sua età conosciuti qualche ora prima. Alle due era stesa a guardare il soffitto del Bed&Breakfast dove avrebbe dormito, contenta di aver intrapreso quell’avventura di punto in bianco. Dodici ore dopo era con due ragazze  in un brutto subway vicino alla statua di Adam Smith ad Edimburgo (il caso volle che si conoscessero durante il volo dall’olanda alla scozia e scoprissero che avrebbero soggiornato nello stesso ostello). Furono tre giorni divertenti e interessanti, passati tra i closet a cercare gli scorci più belli, nella “Camera Obscura”, sulla collina dell’Holyrood park e nel grande cimitero monumentale. La città era davvero bellissima. La mattina del quarto giorno, prima di ripartire fece una rapida tappa alla residenza estiva reale, e poi via veloce in taxi e poi in autostop e in poi autobus fino a Londra. Londra dove, dopo due giorni, si sarebbe tenuto il gay pride. La città era così multietnica e veloce e colorata e rumorosa che per un po’ passeggiò semplicemente senza meta, guardandosi attorno con curiosità e godendosi tutto quello che la capitale inglese aveva da offrire, dai bellissimi grattacieli ai musicisti di strada, fino ai vecchi taxi e all’obelisco davanti al museo egizio. Due autobus dopo si ritrovò nella sua adorata Camden Town, dove viveva anche l’amica che l’avrebbe ospitata per le notti seguenti. Lasciò il suo zaino nell’appartamento e poi uscirono assieme a prendere un the, che poi divenne una passeggiata, una cena e infine un’imbarazzante ma estremamente divertente esibizione al karaoke di un piccolo bar strapieno. Il giorno seguente lo passò in solitaria a girare per Brixton che, nonostante la cattiva reputazione, offriva dei murales bellissimi, come quelli su Stockwell Avenue, rimoninata One love street, o il famoso murales raffigurante Bowie e diventato memoriale dopo la sua morte. Dopo una cena tranquilla in compagnia dell’amica Luna e qualche ragazzo che sarebbe andato al corteo con loro, andarono tutti a dormire, chi sul letto, chi sul divano e chi sul pavimento. Il sei luglio si svegliarono tutti presto per truccarsi e agghindarsi, acconciarsi i capelli e colorarsi i visi ridendo prima di uscire alla volta dei festeggiamenti. Aska adorava parteciparvi in quella città perché erano molto più grandi e vivaci e universali rispetto a quelli delle città italiane, o almeno così le sembrava. Forse era solo per i manifesti comunali che sponsorizzavano l’amore e la solidarietà, appesi in tutta la città da giorni, che l’avevano resa così impaziente ed eccitata, o forse era solo la bella compagnia spensierata che si era formata per quel giorno così speciale per tante persone, ma fu uno dei giorni più belli e divertenti che avesse mai trascorso. Era anche l’ultimo del suo viaggio, ma non se ne preoccupò affatto, pensando solo a godersi ogni attimo che chissà, sarebbe anche potuto essere l’ultimo. Rientrò in Italia in aereo e una volta a casa preparò la pizza per tutta la famiglia che non vedeva da ormai dieci giorni. Sperava di mitigare almeno un po’ le reazioni arrabbiate che sapeva di aver provocato avvisando solo con un bigliettino di essere partita, ma hey, aveva sentito il bisogno di partire e allora carpe diem!