«Ma davvero? Insegni all’Olivetti? Proprio all’Olivetti?»

di Alessandra De Cupis*

«Ma davvero? Insegni all’Olivetti? Proprio all’Olivetti?»

Tono di voce imbarazzato, il mio interlocutore  strabuzzava tanto d’occhi. Si vedeva, sì, si vedeva che era stupefatto ed anche un po’ preoccupato.

Molte volte, diversi lustri fa, mi sono trovata a fronteggiare questa situazione. All’inizio, non essendo di nascita “locale”, una bilott insomma, non capivo.
E la mia risposta era un entusiasta: «Sì, ho appena avuto il trasferimento. Una bella scuola, un edificio primonovecento, vicino al Lambro, subito dopo il Ponte dei Leoni. Stiamo aprendo l’alberghiero, una nuova sezione che si occuperà di cucina, sala-bar, sforneremo cuochi e maitre d’hotel. Bello  no?»
Ancora più meraviglia imbarazzata dall’altra parte.


Erano quelli tempi pre Cracco, pre Expo, pre movida mangereccia, pre fiorire di quella cultura gastronomica  e di accoglienza turistica che nel Bel Paese vorrebbe oggi rubare alla Svizzera la palma d’oro dell’Hotellerie, e alla Francia la supremazia della Nouvelle Cuisine.
Si può quindi capire che non sia  stato facile per l’Olivetti aprirsi un varco tra i dotti, super tradizionali istituti brianzoli, trovare la propria identità ed essere riconosciuta come una scuola che offre saperi e competenze.
Ma noi dell’Olivetti non siamo stati solo dei pionieri, animati da  passione e da lungimiranza.
In realtà noi dell’Olivetti non siamo solo una scuola per futuri cuochi e futuri maitre, senza nulla togliere a queste professioni importantissime in un paese che potrebbe vivere alla grande di solo turismo. Noi dell’Olivetti siamo un mondo sfaccettato e interessantissimo.
Sono pochi, decisamente pochi gli insegnanti che lasciano questa scuola senza qualche rimpianto.
E tantissimi, come me, hanno scelto di rimanere in questo istituto per diverse ragioni.
Provo a elencarle.
Noi dell’Olivetti non ci annoiamo mai: ai diversi indirizzi corrispondono squadre  di insegnanti con esperienze professionali specifiche, come anche tantissimi ragazzi che hanno chiaro in mente come immaginano il loro futuro. E che si mettono in gioco, si cimentano , ci provano “da subito”. Li troviamo al centralino all’entrata della scuola, al bar, al ristorante didattico, nei corridoi quando devono accogliere gli invitati, in occasione di qualche evento. E poi l’alternanza scuola-lavoro è un banco di prova importante. Se ti rendi conto che quella non è la tua strada, puoi guardare ad altro. È bene crescere in consapevolezza.
Noi dell’Olivetti abbiamo alunni di ben 50 nazioni. Tutti portano la propria cultura, le loro tradizioni, quindi altroché meltin’ pot yankee. Basta partecipare al profumato e gustosissimo appuntamento annuale del Cookaround  per capire cosa sarà l’Italia del futuro. E quella di adesso!
Questi ragazzi godono del supporto di  mediatori culturali e  di insegnanti di Italiano ultra esperti che si affannano a rendere la nostra grammatica chiara  e abordabile anche per chi è cresciuto parlando il cantonese o una lingua creola. È un po’ un arrampicarsi sugli specchi, è vero! In questi giorni,  mi sono trovata davanti una ragazzina  marocchina  appena arrivata in Italia, da noi presente come “uditrice”, che ha scritto in inglese un tema sulla sua famiglia e che in arabo chiedeva spiegazioni al vicino di banco sempre marocchino. Mi veniva da ridere! Certo tutto questo non è facile, ma quanto meglio per questi ragazzi trovarsi in una  classe, vicino ai propri coetanei, che a casa, da soli, davanti a un qualsiasi schermo.
Noi dell’Olivetti siamo felici di accogliere, di aiutare a crescere ragazzi con difficoltà di apprendimento gravi e meno gravi. Abbiamo qui una equipe, un plotone direi, di insegnanti di sostegno e di educatori ferratissimi, pronti a supportare non solo modalità di apprendimento particolari, ma anche  ad aiutare l’integrazione del gruppo classe e l’accettazione delle regole del vivere comunitario.
All’Olivetti poi gli ausiliari non hanno un attimo di tregua: siccome i nostri ragazzi partecipano ad una miriade di concorsi, eventi, corsi speciali, il personale Ata si affanna a recapitare circolari a gogo che danno informazioni sugli ultimi impegni.
E infatti…  Oggi  c’è la verifica e mancano ben quattro alunni….
E infatti: «Alessia…oggi interrogata».
«Prof, lo sa benissimo che ieri ero a preparare la fagiolata a Vattelappesca e non ho potuto studiare…»
«Ma… possibile? Quante cose fate! I libri li aprite, se va bene,  solo il giorno prima della verifica!»
Lo studio… lo studio…
È vero… i libri dei nostri ragazzi non hanno nulla, proprio nulla  a che vedere con le “sudate carte” di leopardiana memoria.
Però, quando ci si mettono…  quelle due ore, quella mezzoretta, …quei …dieci minuti …brillano.
Brillano.
Mi piace di mattina presto salire su in classe, al secondo piano e guardare il cielo grigio dalle nostre grandi finestre. L’aula è vuota, silenziosa. Tra un po’ ci sarò un baccano terribile: anche se mi stanca, non mi dispiace.
Ormai quasi nessuno mi chiede più dove insegno. Ma se mi capitasse di nuovo, potrei rispondere : «Io lavoro da tanti anni in una bellissima scuola: al Civico 12».

*Docente di Italiano e Storia

5 Risposte a “«Ma davvero? Insegni all’Olivetti? Proprio all’Olivetti?»”

  1. Cara Alessandra, sai quanto anch’io da anni risponda come te con fierezza alla stessa domanda. Quante belle soddisfazioni mi danno gli alunni che ormai stanno per spiccare il volo.
    Da quando ho le quinte l’ultimo giorno di scuola è carico di emozioni, il grande dolore di lasciarli andare, ma la consapevolezza che i nostri ragazzi sono pronti per i tanti progetti di lavoro o per una nuova scommessa sullo studio. Tanto lavoro e tanta voglia di vederli realizzati!

  2. Spettacolare, Alessandra! Ci hai rappresentato tutte! W le docenti e i docenti dell ‘Olivetti! Siamo una grande e colorata famiglia in apprendimento costante! W il Civico 12!

  3. Sono una docente anziana di matematica e fisica che insegna al liceo scientifico dopo aver operato per molti anni in istituti tecnici e professionali. Lì ho imparato ad insegnare, dando e ricevendo dagli alunni cosiddetti difficili. Sono contenta che i “miei” alunni siano in buone mani! Buon lavoro

  4. Sono un ex docente dell’Olivetti, scuola dove mi sono formato professionalmente e della quale conservo sempre il ricordo del bellissimo e sincero rapporto con tutti i colleghi e gli alunni. All’Olivetti mi sono sempre sentito in famiglia!

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