Bulgakov e la curiosa avventura del “Maestro e Margherita”

La locandina del film “Il Maestro e Margherita” di Aleksandar Petrović (1972)

Ci sono libri che possono piacerti o meno ma di sicuro ti obbligano a riflettere. Tra questi c’è senza dubbio “Il Maestro e Margherita” (titolo originale russo Мастер и Маргарита, ossia “Master i Margarita”) del grande Michail Afanas’evič Bulgakov, nato a Kiev nel 1891 e morto a soli 49 anni a Mosca. Una biografia che era già di suo un romanzo: nel 1916 si laurea in medicina e subito dopo viene trasferito al fronte della Prima guerra mondiale come medico. A questo periodo risalgono i racconti “Appunti di un giovane medico”, pubblicati nel 1963 dopo la sua morte. Nel 1920 Bulgakov abbandona la carriera medica per dedicarsi alla scrittura del romanzo “La guardia bianca” (1924), adattato per il teatro col titolo “I giorni dei Turbin”. Dal 1929 al 1940 lavora alla sua opera più nota, “Il maestro e Margherita” appunto, uscita anche questa postuma nel 1967. Una costante: la gran parte delle sue opere, infatti, sono state pubblicate dopo il decesso, addirittura tra gli anni Sessanta e Settanta.

Nel 1921 Bulgakov si trasferisce a Mosca, capitale di un’Unione sovietica sotto la sanguinaria dittatura di Josif Stalin, grande ammiratore delle sue opere. Si pensa che proprio per questo motivo sia stato uno dei pochi scrittori critici verso il regime a sopravvivere alla fase del grande terrore, quando ogni scrittore che non abbracciava la dottrina comunista veniva ucciso. Eppure già ai tempi Bulgakov era conosciuto per la pungente ironia dei suoi libri, spesso indirizzata verso il partito. Molte delle sue opere vennero bandite o censurate, tra queste “Cuore di cane”, “La corsa” e “Il civico numero 13”.

“Il Maestro e Margherita” è ambientato in Urss e il personaggio principale è un drammaturgo noto come “Il Maestro”. Con la sua amante Margherita Nikolaevna incontrerà Woland, il diavolo sotto mentite spoglie. I due stringeranno un patto con lui per vivere per sempre insieme felici. La loro storia si intreccia a quella di Ponzio Pilato a Gerusalemme, negli anni della morte di Cristo.

Numerose le città che fanno da sfondo alla narrazione: la principale è Mosca, dove si svolge la maggior parte del racconto, poi Gerusalemme e Kiriat, da dove provengono Giuda e Cristo. Qualche passaggio è addirittura dedicato all’isola di Capri, luogo dal quale proverrebbe Pilato. La lingua di Bulgakov nel libro cambia spesso, seguendo le diverse linee narrative. Nell’arco temporale in cui si svolge la trama principale, i personaggi usano un linguaggio piuttosto semplice, quasi colloquiale. Quando ci immergiamo nell’opera del Maestro, il personaggio principale, torniamo indietro a 2000 anni fa, ai tempi dell’esecuzione di Cristo, nel libro chiamato Jeshua Hanozri. E qui troviamo una lingua che, nella scelta dei termini, guarda all’antichità.

Tra tutti i personaggi, il più affascinante è senz’altro Woland, un Satana curiosamente educato che sembra addirittura comportarsi con giudizio. Ambiguo nel mettere alla prova i personaggi. Poi c’è Behemot, un gatto enorme dalla lingua tagliente che fa parte della brigata di Satana, e Korov’ev, un uomo con un pince-nez dalla spiccata eleganza, sia stilistica che lessicale.

Il romanzo non ci è piaciuto molto, ma questo non vuol dire che non valga la pena leggerlo. Anzi: l’opera è senza dubbio di grande interesse. La sensazione che si coglie è che Bulgakov abbia voluto nascondere un significato in questa storia, riconducibile all’importanza del sacrificio. Margherita sacrifica il lusso sfrenato in cui vive per ritrovare il suo amato Maestro. I due personaggi principali sacrificano la loro stessa vita per unirsi alla brigata e trovare un luogo lontano dai problemi quotidiani per vivere in completa armonia, come Siddharta nel suo percorso verso l’illuminazione.
A cura di Artiom Mudryak e Yu hao Chen